Le fasi che portano alla nascita della campana ancora oggi sono le medesime adottate in diverse fonderie d’Italia nel Medioevo e nel Rinascimento.
Prima di tutto si costruisce lo stampo, composto da una struttura di mattoni refrattari, murati insieme per mezzo di un impasto di creta ed altri leganti organici. Sopra i mattoni si sovrappongono diversi strati di argilla.
Per rifinire lo stampo ricoperto di argilla, si utilizza una tavola di noce perfettamente levigata, sulla quale è stato preventivamente disegnato il profilo della campana che si vuole ottenere.
Questa tavola, segata lungo il profilo, è chiamata sagoma. La sagoma viene fissata opportunamente ad un’asta di ferro lungo il suo asse, in modo che possa effettuare un giro completo attorno allo stampo di creta per lisciarlo e rifinirlo.
Si dà origine quindi al maschio che corrisponde esattamente alla forma interna che avrà la campana: l’anima.
Sul maschio ricoperto da un leggero strato di grasso animale, si sovrappongono ulteriori strati di argilla fino a formare la “falsa campana”. Sulla superficie esterna di essa si applica un ulteriore e sottile strato di grasso, provvedendo anche ad applicare scritte ed ornamenti realizzati in cera d’api ed ottenuti per calco da artistiche tavolette di legno o gesso finemente intagliate.
La falsa campana così decorata, viene poi nuovamente ricoperta da strati di creta finissima distribuita a pennello (sporcatura). L’aggiunta successiva di argille, sempre più grossolane, continua fino alla completa realizzazione del mantello o camicia.
A questo punto si procede all’essiccazione mediante la combustione di carbone vegetale, sistemato all’interno del maschio. Durante questa fase lo strato di grasso e la cera si sciolgono lentamente e vengono completamente riassorbiti dall’argilla della falsa campana (procedimento detto “a cera persa”).
Terminata la formatura, la camicia si solleva e la falsa campana viene distrutta. Sulla superficie interna della camicia sono intanto rimaste impresse le iscrizioni, i fregi e le immagini in negativo.
Ora, per procedere alla fatidica e delicata operazione di fusione della campana, chiudere lo stampo in maniera tale che tra la camicia e l’anima ci sia un intercapedine che rappresenta la campana in ogni sua parte.. Dopodichè lo stampo viene deposto nella fossa dove avrà luogo la colata. Intorno ad esso si pressano battendo strati successivi di terra, in modo da ricoprirlo e tenerlo fisso per evitare spostamenti causati dalle spinte metallostatiche.
Si procede così alla preparazione e fusione del bronzo, curato scrupolosamente nella sua purezza e lega finissima, contenente il 78 % di rame e il 22 % di stagno. Il bronzo liquefatto viene colato nello stampo, ad una temperatura di 1200° C, nella intercapedine sopra descritta.
Legato alla buona riuscita del procedimento di fusione ed all’ottenimento della campana nella sua perfezione, è il rito propiziatorio nel quale, durante la fusione del bronzo, si recitano le preghiere e si invocano i Santi tutti. Al momento della colata poi si invoca più volte la Madre Santissima affinché non si verifichino gravi problemi dovuti all’altissima temperatura del metallo fuso così che le molecole fuse possano unirsi perfettamente e dare vita alla campana . Questa tradizione si è tramandata nei secoli e per gli intenditori ed esperti di campane non è assolutamente vana come si potrebbe pensare. In realtà la nascita della campana nella sua interezza e bellezza, ha qualcosa di inspiegabile visti i procedimenti seguiti che non sono prettamente scientifici.
Innumerevoli leggende raccontano questa fase della nascita della campana (fusione) come un evento sacrale e metafisico.
Tornando alle fasi tecniche di ottenimento della campana, dopo il raffreddamento, la campana viene liberata dal mantello e dall’anima ed è pronta per passare alle successive fasi di rifinitura e lucidatura per poter poi essere ammirata nel suo splendore.